Olio Extravergine di Oliva
Olio extravergine di oliva: la riscoperta
L’ olio extravergine di oliva è un prodotto alla moda che fa tendenza. È la realtà dei fatti a documentarlo. Dopo il vino, in molti hanno rivalutato un alimento che a torto avevano trascurato, come se quasi non esistesse, come se fosse invisibile. L’olio di oliva veniva equiparato a un qualsiasi altro grasso alimentare e utilizzato senza alcuna distinzione: era semplicemente l’olio; materia grossa, appunto, e nulla più, nulla di diverso. Il mercato vanta invece una variegata offerta di olio extravergine di oliva, un tempo impensabile. Vi sono in bella mostra sugli scaffali molti selezionatissimi cru concepiti con la medesima passione con cui sono stati pensati e prodotti negli ultimi venti anni alcuni grandi vini che sono poi entrati di diritto nel mito. A partire dalle molteplici attenzioni riservate all’ampio gamma merceologico degli oli di oliva, oggi si affaccio anche la necessità di svelare ai profani l’alta valenza nutrizionale e salutistico, ma soprattutto il valore più segnatamente edonistico e attrattivo di un buon olio extravergine di oliva. Se ne sono resi conto in tanti, ma è sempre bene far chiarezza, trasmettere un sapere. Il prodotto piace e i consumi crescono esponenzialmente anche in quei paesi del lontano Oriente che non hanno mai conosciuto e coltivato un albero d’olivo. Anzi, alcuni tra loro, in una sorta di “corsa all’olio” che vede protagonisti soprattutto giapponesi e cinesi, hanno inteso cimentarsi con la coltivazione della pianta per produrre in proprio cercando di imitare i nostri più apprezzati extravergini. Così, dopo questa generale ondata di consensi universo/i, è giunto il tempo di rimettere sul perché di un successo tanto sperato eppure tanto inatteso. Attraverso questa analisi, faremo comprendere anche al lettore meno esperto il perché un prodotto circoscritto per consolidata tradizione alla sola area del Mediterraneo, sia oggi diventato a pieno titolo il “re delle tavole” in quanto “alimento inter-etnico” apprezzato ovunque senza più pregiudizi. Troverete informazioni di carattere pratico, semplici, lineari, utili per capire ciò che per molti anni si è inconsapevolmente sottovalutato. Sono consigli utili per imparare ad adoperare al meglio olio extravergine di oliva di ogni provenienza e tipologia, divulgativo, di immediata comprensione. Dopo aver chiarito e presentato le molteplici forme della qualità con cui viene percepito attraverso l’approccio diretto dell’olio all’assaggio, si offrono qui anche consigli sul difficile e mai chiarito tema degli abbinamenti cibo-olio. Non è più sufficiente, insomma, parlare genericamente di olio extravergine di oliva: oggi è opportuno procedere con le distinzioni tra le tante possibili anime di un olio. Avreste mai scommesso dieci anni fa sulla fortuna dell’olio di oliva? Siate sinceri, sicuramente no, nessuno avrebbe sperato più di tanto. Oggi tuttavia il mercato premia le molteplici espressioni degli oli ed è di gran lunga più sensibile alle produzioni di eccellenza. Si parla da qualche anno anche di terroir per gli oli. Le peculiarità di una circoscritta area di produzione incidono sensibilmente sul profilo sensoriale e sulla qualità nutrizionale del prodotto. Nei ristoranti, dopo decenni di trascuratezza, si tenta di abbandonare pian piano le anonime ampolle per far posto a un “carrello” di bottiglie presentate con un’apposita “carta oli”. È un olio da frutto, tutto natura, l’ olio extravergine di oliva. Per estrarlo è sufficiente la sola spremitura delle olive e nulla più. In quel frutto, la natura ha concentrato un prezioso bagaglio di sostanze antiossidanti, e non solo, in grado di difendere il frutto dagli assalti del mondo esterno. Le sostanze contenute nell’olivo si trasferiscono nell’olio. Attraverso una semplice operazione meccanica che consiste in una semplicissima spremitura del frutto, l’olio che si ricava diventa di conseguenza più resistente e stabile. I benefici che ne derivano si traducono in sicuri vantaggi per tutti i consumatori che scelgono l’ olio extra vergine di oliva nell’ambito della propria dieta. Sono vantaggi in salute e in puro piacere sensoriale al momento della degustazione.
La storia dell'olio
Sembra impossibile che una pianta così semplice e dimessa come l’olivo, dai frutti amari e così minuscoli, abbia potuto rivoluzionare in maniera radicale la storia dell’uomo. Dell’olivo si parla nei libri sacri e nei testi letterari sin dall’antichità, ma ancora oggi resta l’incertezza sul luogo d’origine, anche se l’Asia Minore sembra essere l’indicazione più accreditata. Altrettanto incerto è l’inizio dell’olivicoltura quale diretta conseguenza della domesticazione della pianta. Sono stati soprattutto i romani a rendere l’olivo un albero davvero utile. A loro si deve il merito di aver avviato una più efficace e professionale olivicoltura ed elaiotecnica, che è l’arte di ricavare l’olio dalle olive. Da allora la coltivazione dell’olivo ha conosciuto momenti di crisi e di ripresa. Agli anni difficili dell’alto Medioevo ha avuto seguito il rilancio nel periodo dei Comuni. Poi si è registrata una battuta d’arresto nell’età moderna, quando le coltivazioni furono pregiudicate a causa sia di alterne vicende politiche e militari, sia di condizioni climatiche piuttosto sfavorevoli. Le sorti del comparto produttivo si risollevarono nel Settecento, continuando fino alla fine dell’Ottocento, quando si registrò invece un vistoso calo della produzione. Il vero salto di qualità si è avuto per contro a metà del Novecento, con l’introduzione di tecniche agronomiche più appropriate, che hanno permesso tra l’altro di abbattere gli alti costi di produzione, garantendo, nel contempo, anche una migliore qualità degli oli ed avviando la produzione verso olio extravergine di oliva.
L’olivo e l’olio tra il mito e la storia
La seduzione e il fascino esercitati dall’olivo e dall’olio, nella lunga e complessa storia degli uomini, non è certo il frutto di una pura casualità. L’olivo e l’olio, come tali, si sono fortemente radicati nel tessuto più intimo delle vicende umane; e, particolare per nulla trascurabile, questi due riferimenti hanno espresso perfino una diretta e privilegiata esperienza con il sacro. Lo dimostrano con grande evidenza di particolari le molte leggende narrate dagli antichi sin dal primo costituirsi degli insediamenti sociali. Sono particolari, questi e altri, non certo irrilevanti per quanti vogliano approfondire con la giusta attenzione il valore e il senso profondo esercitato da una pianta così semplice e dimessa come l’olivo, eppure così longeva e solida, così carica di espressioni altamente simboliche e di complesse letture e interpretazioni, le stesse che caratterizzano olio extravergine di oliva.
Il percorso dell’olivo nei millenni
L’albero di olivo rappresenta il perdurare della vita nel tempo, vista anche la sua natura ultrasecolare; eppure ha frutti minuscoli e apparentemente inservibili, perché amari, poco gradevoli da consumare così come sono, senza una lavorazione che li renda dolci o in grado di ricavare ciò che gli antichi denominavano il “liquore grasso”. I frutti dell’olivo sono piccoli e pure difficili da raccogliere, ma hanno rivoluzionato la storia dell’uomo in maniera radicale e imprescindibile. Sono trascorsi finora almeno sei millenni da quando è avvenuto il passaggio dal selvatico al coltivato, dalla condizione di oleastro a quella di olivo, con la conseguente “domesticazione” culturale dell’olio che se ne ricava. Si tratta di un lunghissimo periodo di tempo, ricco di numerose testimonianze, ma di cui non si ha ancora certezza dell’inizio e dell’esatto luogo di origine. L’ipotesi per ora più accreditata indica nell’Asia Minore, e soprattutto tra l’attuale Palestina e la Siria, il luogo di origine da cui poi è avvenuta la strepitosa diffusione della pianta e dell’ olio extravergine di oliva in tutto il bacino del Mediterraneo. Le testimonianze non lasciano però alcuna certezza. Nel Nord Africa sono stati ritrovati resti carboniosi di olivastri risalenti a dieci o dodici mila anni fa, solo che a seguito del susseguirsi di una serie di periodi interglaciali, l’olivo è stato, con ogni probabilità, tra le molte vittime degli eventi climatici, soprattutto nel sud dell’Europa e nel territorio italico. Senza scomparire del tutto, in verità, ma solo ripiegando in aree più calde del pianeta, circoscrivibili appunto nell’Asia Minore, da cui poi ha sicuramente preso corpo – come attualmente da più parti si ritiene il definitivo ritorno nei luoghi più vocati alla coltivazione. A favorire la “fuga” della pianta dalle grandi e terribili glaciazioni verso climi più miti e compatibili, potrebbero essere stati, come alcune fonti sostengono, gli uccelli. Questi, da grandi migratori quali erano e ghiottosamente nutrendosi delle olive, avranno contribuito in qualche modo, con i propri escrementi, a spargere i semi per ogni dove, ridando così lunga e duratura vita all’olivo.
Dall’Arca di Noè in poi
L’olivo è il simbolo di una vita che si apre ad altre vite, propagandosi non solo, e in via esclusiva, per seme, ma anche per parti di pianta. Tanto che è proprio in questa linea di pensiero che andrebbe letto il racconto della colomba che consegna a Noè il ramoscello d’olivo quale segno divino di affrancamento dopo il diluvio universale. Non sarebbe dunque un episodio puramente simbolico, giacché l’aneddoto trova qui una collocazione centrale e ben circoscritta nella Genesi, posizionato com’è proprio in apertura dell’Antico Testamento. Nessuna casualità, evidentemente anche se il significato di un’augurale manifestazione di pace e di vita eterna ha poi preso il sopravvento su altre interpretazioni. Sacro e mito comunque si intrecciano irrimediabilmente, al punto che i significati che ne scaturiscono conferiscono alla pianta, alle olive e all’olio che se ne ricava, un ruolo di primo piano nell’immaginario collettivo. Basta pensare al mito della fondazione di Atene. È nota a tutti infatti la celebre contesa fra Poseidone e Atena. Vinse quest’ultima proprio per aver offerto alla città il dono più benefico e utile che si potesse allora immaginare: l’olivo, una pianta che attecchì subito. Ancora non si sapeva che ne sarebbe nato uno dei nutrienti più preziosi: l’ olio extravergine di olivo
Dall’olivo all’olivicultura, dall’olio all’elaiotecnica
Sono stati soprattutto gli antichi romani a rendere l’olivo una pianta davvero utile. È a loro che si deve l’avvio di un’olivicoltura in grande stile perché, ispirati com’erano all’inseguimento dell’utile, non mancarono di individuare le tecniche più opportune per produrre olive in grandi quantità e al minore costo possibile. Anche in questo caso i romani ebbero un ruolo di primo piano nel tracciare le linee guida dell’elaiotecnica, ovvero della complessa e laboriosa arte del ricavare l’olio dalle olive in maniera impeccabile, senza pregiudicare la bontà del prodotto finale. Un prezioso documento ci viene dalla lettura del De Agricoltura di Catone, dove sono peraltro riportate le minuziose descrizioni del trapetum e del torcolarium, le macchine con le quali si procedeva alla frangitura e spremitura delle olive. Sempre gli stessi romani brillarono quanto a capacità di commercializzare con grande profitto gli oli ( tra i quali anche l’ Olio extravergine di olivo) che ricavavano o selezionavano nelle varie aree del mondo allora conosciute. I romani fondarono la nota arca olearia, una vera borsa in cui si stabilivano i prezzi dell’olio e si contrattavano le vendite secondo la distinzione per zone di produzione. Furono veramente grandi e ineguagliabili, tanto che con la caduta dell’Impero l’olivicoltura venne meno, e con essa l’antica arte del ricavar l’olio dalle olive. Solo i monaci riuscirono in qualche modo a resiste.
Nel Medioevo la sapiente regia dei monaci
Nel Medioevo si crearono forti squilibri per le invasioni dei “barbari” che imposero i loro costumi e le loro tradizioni. Prevalsero i grassi animali quali il lardo e lo strutto; o perfino più direttamente la sugna, da cui poi si ricavava lo strutto. Furono decenni difficili nel periodo di transizione dei poteri, ma i monaci e tutta la Chiesa cristiana riuscirono sapientemente a porre rimedio, a equilibrare le sorti delle società di allora. La sopravvivenza degli oliveti e l’operatività dei frantoi fu assicurata dagli ordini religiosi, che ne curarono magistralmente il rilancio; poi vennero i Comuni, attraverso le tutele riportate nei vari statuti; quindi una serie di contratti di affitto favorevoli, come quello ad inf1nitum, stipulati dunque senza scadenze e in cambio di una quota in denaro o di una quantità predefinita d’olio. Sotto la decisiva influenza delle popolazioni “barbariche” l’Italia si era comunque divisa in due, tra il “partito” sostenitore dei grassi animali al Nord, fino all’Emilia Romagna, e quello a favore degli oli vegetali, con una netta prevalenza dell’olio di oliva, al Sud.
Nell’età moderna tra arretramenti e successi commerciali
Nell’età moderna le coltivazioni dell’olivo furono pregiudicate a causa di alterne vicende politiche e militari e, in seguito, anche per condizioni climatiche poco favorevoli. Nei porti pugliesi si resisteva bene, con un andirivieni continuo di imbarcazioni a fondo piatto e prua bassa per ottenere un carico maggiore di più di 500 botti per volta. Il viceré spagnolo Parafran de Rivera fece costruire nel 1559 una fitta rete stradale per agevolare i trasporti dell’olio via terra. Poi, per quasi l’intero Seicento un duro contraccolpo per l’incerto clima politico e finanziario, le condizioni contrattuali sfavorevoli, cui fece seguito l’abbandono dei campi, la scarsa produttività degli oliveti, gli alti costi di produzione, il peso delle tasse, gli eventi atmosferici inclementi. La ripresa venne con il Settecento quando si ampliarono le superfici destinate a olivo e si esentarono dal versamento delle tasse i proprietari di uliveti per un periodo di quarant’anni. Le terre più vocate si ampliarono e ci si avvicinò a un sistema di coltivazione specializzato. Nell’Ottocento il pontefice Pio VIII concesse un premio in denaro per ciascuna pianta posta a dimora e coltivata “a regola d’arte” per almeno 18 mesi. Furono oltre un milione in Italia gli ettari destinati alla coltivazione dell’olivo per la produzione di olio extravergine di olivo. Solo sul finire del secolo si ebbe un vistoso calo della produzione, dovuta a una serie di fattori, tra cui gli assalti insidiosi della mosca olearia, ma soprattutto la scarsa cura degli oliveti cui erano stati destinati terreni stanchi e non opportunamente concimati.
Dal Novecento a oggi: il grande salto di qualità
A parte i comprensibili problemi scaturiti dai due grandi conflitti mondiali, subito dopo, nella seconda metà del secolo, i successi dell’olivicoltura e dell’elaiotecnica sono stati impareggiabili, soprattutto per gli esiti determinati dalle nuove scoperte in campo scientifico. L’introduzione di tecniche agronomiche più adeguate alle nuove esigenze, la meccanizzazione delle operazioni di raccolta e potatura, il progresso della tecnologia di estrazione dell’olio extravergine di oliva, hanno permesso un forte abbattimento dei costi di produzione e una migliore e più stabile qualità degli oli. Ma è soprattutto nel 1952, con la scoperta della gascromatografia, che si verifica un grande salto in avanti, perché attraverso questa strumentazione è stato possibile approfondire più concretamente la natura compositiva degli oli e stabilire così la qualità degli stessi. Nel frattempo, a partire dal 1956 è stato istituito il Consiglio oleicolo internazionale, organismo nato in seno all’Onu. Attraverso di esso è stato possibile far conoscere e apprezzare l’olio in tutto il mondo e regolamentare in maniera precisa e dettagliata gli approcci scientifici con il prodotto.
La produzione dell’olio extravergine di oliva
Per ottenere un buon olio extravergine di oliva occorre passione ed entusiasmo, ma anche un’intensa attività di studio e ricerca, con continue sperimentazioni e attenzioni quasi maniacali a ogni fase della produzione. A cominciare dall’impianto dell’oliveto, scegliendo terreni fertili e favorevoli alla coltivazione e optando per varietà di olivi possibilmente autoctone. Una grande cura è necessario prestarla anche alle tecniche agronomiche, perché nulla può essere dettato dal caso e tutto deve essere finalizzato a una buona quantità di olive e a un’altrettanta buona resa in olio, in quantità e qualità. Si noterà come tutto debba procedere secondo regole ben precise: la fase della raccolta, per esempio, diventa un’operazione quanto mai delicata e fondamentale. L’oliva va staccata dalla pianta con ogni cura e al momento giusto della maturazione, quando per l’esattezza la colorazione esterna del frutto passa dal verde al violaceo o al nero. È la cosiddetta fase dell’invaiatura: la polpa delle olive non deve essere mai scura perché da un’oliva matura non si ricava mai un olio buono. Trasportate in apposite cassette perforate ai lati perché le olive respirino, i frutti giungono poi in frantoio. Prima di essere trasformate in olio extravergine di oliva, le olive vengono pulite, liberate da foglie e rametti e lavate. Quindi vengono frantumate o con il tradizionale sistema delle macine e presse o con moderni estrattori. La pasta di olive viene gramolata, ovvero rimescolata, perché si liberino le gocce d’olio. Dopo questo passaggio, e avvenuta l’estrazione, si passa alla fine alla separazione dell’olio dall’acqua. L’olio è pronto, ma c’è ancora altro da fare. La corretta conservazione nei contenitori giusti, al buio e in luoghi asciutti e a temperatura controllata, è molto importante per evitare ossidazioni a carico del prodotto. Le bottiglie in vetro scuro, al momento del confezionamento, sono le più indicate per proteggere l’olio dalla deleteria azione della luce.
L’arte del produrre oli da olive
Fare dell’olio buono non è difficile, occorre semplicemente prestare le dovute attenzioni e non inficiare la bontà della materia prima. Oggi però l’obiettivo è puntare più in alto, non a una qualità media, che rientri nella norma, ma a una qualità eccelsa. E non ci sono tecniche tramandate, non ci sono libri che da soli possano spiegare. Sono necessari un grande entusiasmo e una grande passione, supportati da studio e da continue e maniacali sperimentazioni sul campo, nel frantoio e nei locali di stoccaggio e conservazione. Un olio conservato male, o imbottigliato in condizioni inadatte, è infatti destinato a deteriorarsi. In ogni fase occorre la massima cautela, senza trascurare nulla. L’ olio extravergine di oliva è quindi prezioso.
L’impianto di un oliveto
È fondamentale individuare possibilmente con l’ausilio di esperti agronomi il terreno, le varietà e la tipologia d’impianto più adatti. Il terreno per l’impianto di un oliveto non può essere scelto a caso, occorre che sia il più favorevole possibile alla coltura. L’olivo è una pianta che si adatta anche a terreni poveri e siccitosi, è vero; ma la qualità nasce da scelte ben meditate. L’ideale sarebbe un suolo calcareo, franco-sabbioso, anche ricco di pietre, ben drenato e con un pH neutro o subalcalino. Sono invece assolutamente da evitare i luoghi frequentemente colpiti dalle inclemenze del clima e quelli in cui in cui vi è un facile ristagno di umidità. È strategica un’esposizione delle piante a sud. È possibile piantare gli alberi in autunno nelle zone a clima mite; nelle zone fredde è più indicato invece l’inizio della primavera. Le varietà autoctone, quelle tipiche del luogo, sono assolutamente da preferire, in quanto costituiscono il segno evidente di una lenta e consolidata selezione naturale. Una pianta indigena garantisce una maggiore resistenza alle condizioni ambientali del luogo. Le forme di allevamento da adottare varieranno in funzione dell’ambiente e delle tecniche di raccolta. Possono essere praticate le forme a vaso, a cespuglio, a globo. Ve ne sono comunque tante, differenti in funzione delle zone di produzione e della tipologia di pianta. In questi ultimi anni si privilegia la forma a monocono, perché ritenuta più adatta alla meccanizzazione di potatura e raccolta, anche se peggiorativa per l’ottenimento di olive qualitativamente superiori dalle quali ricavare un eccellente olio extravergine di oliva.
In oliveto: le tecniche agronomiche
Passando alle tecniche di coltivazione, è importante tener presente che per un’olivicoltura orientata alla qualità diventa fondamentale il ricorso a concimazioni meditate, mai eccessive e neppure carenti. È necessario sfatare il diffuso preconcetto che vuole l’olivo pianta poco esigente. Non è così: per avere la massima risposta produttiva è bene distribuire un adeguato supporto nutritivo alle piante, in un equilibrato rapporto che prenda nella giusta considerazione la naturale fertilità del terreno, ma anche le tecniche di lavorazione del suolo, la disponibilità idrica, la vigorìa e la produttività delle varietà di olivo coltivate. Se razionalmente impostate, le nuove piantagioni intensive permettono di giungere in tempi brevi a una produttività piena e altamente redditizia. Occorre però tenere in debito conto che, nel corso delle varie pratiche agricole, un uso irrazionale ed eccessivo di antiparassitari, come purtroppo è avvenuto in un recente passato può sensibilmente danneggiare, in maniera grave e persistente, non solo il ciclo biologico del suolo, ma anche delle acque e dell’aria, con la relativa distruzione dei microrganismi utili e l’eliminazione del loro benefico apporto.
La raccolta delle olive condiziona la qualità degli oli
Chi conosce la difficile arte del coltivare sa bene quanto sia delicata e determinante, per la buona riuscita delle pratiche agronomiche adottate, l’operazione conclusiva della raccolta. Le olive, minutissime, non si staccano agevolmente dai rami. Gli alti costi di un olio ricadono in gran parte su questo nodo irrisolto, al punto che qualcuno ha pensato pure di addestrare le scimmie, ma senza successo. Eppure non si può sbagliare, nei tempi e nei modi. La qualità del prodotto finale è fortemente condizionata da questo momento fatidico. Se eseguita con metodi tradizionali, per brucatura, a mano, la raccolta può incidere fino al 60% e più delle spese di coltivazione, con la difficoltà, peraltro non secondaria, di riuscire ad arruolare personale esperto e volonteroso. Di certo il sistema meccanizzato offre il grande vantaggio di incrementare la quantità di olive raccolte e di ridurre i tempi dell’operazione, ma è inevitabile che arrechi lesioni ai frutti e agli alberi.
Il periodo ottimale per la raccolta
Riguardo invece al periodo della raccolta, questo lo si può individuare utilizzando procedimenti analitici specifici, per esempio il Soxhlet, un estrattore che individua la resa in olio dell’oliva e il momento esatto in cui sarà possibile ottenere il massimo contenuto in olio all’interno della drupa. Altrimenti, si ricorre a metodi empirici fondati sull’esperienza. Osserviamo direttamente la pigmentazione delle drupe: quando la colorazione della parte esterna del frutto assume la tinta violacea o nera siamo tecnicamente nella cosiddetta fase di invaiatura, l’oliva è pronta. Occorre la massima attenzione e si deve iniziare il distacco del frutto dalla pianta prima che la formazione di pigmenti scuri raggiunga l’interno della polpa. Il periodo ottimale di raccolta non è da sottovalutare, perché, se coincide con l’invaiatura del frutto, si possono conseguire con ogni certezza dei risultati significativi: il massimo contenuto in olio extravergine di oliva e in sostanze antiossidanti (polifenoli, tocoferoli, ecc…), una più intensa e gradevole nota aromatica e, non ultimo, una bassa acidità libera. Inoltre, avviando una raccolta nei tempi giusti, non tardiva, si predispone la pianta a una buona fruttificazione negli anni successivi. Dopo aver proceduto con le operazioni di raccolta direttamente dall’albero e mai, assolutamente mai, da terra in seguito alla cascola, la caduta spontanea del frutto diventa molto importante evitare il trasporto in sacchi (di iuta o, peggio, di plastica), in quanto si determinerebbero delle inevitabili lesioni alle olive con conseguenti fermentazioni e aggressioni fungine. Ci sono invece delle apposite cassette in materiale plastico perforate ai lati così che le olive possano respirare. Una volta giunte in frantoio le olive sono in attesa della molitura da effettuare il prima possibile: sarebbe bene frangere le olive entro le 24 ore dalla raccolta. Lo stoccaggio deve avvenire in olivai coperti, freschi e ben arieggiati.
La frangitura delle olive: un rito antico che si rinnova
Prima di procedere con la frantumazione delle olive, è necessaria un’attenta opera di defogliazione e lavaggio per allontanare le impurità. Le olive possono essere dunque frante con l’antico metodo delle molazze in pietra (ovviamente con una tecnologia adeguata ai tempi), oppure con frangitori metallici a dischi, a martelli, a coltelli, a coni e a rulli. Attraverso la semplice operazione meccanica della frangitura i frutti vengono frantumati e le minuscole gocce d’olio fuoriescono dalle cellule oleifere. La rottura di queste cellule, e della relativa membrana da cui sono protette, è una fase molto delicata perché, se il tutto avviene nel migliore dei modi, si ottiene sia una buona quantità d’ olio extravergine di oliva, sia un’altrettanta buona qualità. Per questo è importante che in frantoio si intervenga con grande professionalità e in tempi brevi, senza che le olive si alterino.
Gli oli italiani
Non c’è regione italiana che non abbia olivi, a eccezione della Valle d’Aosta. Tutta la penisola accoglie, infatti, idealmente questa pianta, anche in ragione dei vari habitat in cui gli olivi allignano. Sono tante le varietà coltivate, molte quelle autoctone che resistono nei secoli. L’olivo è una pianta di facile adattamento, per questo viene coltivata anche in quelle regioni in cui sembrerebbe impossibile assistere a una produzione di olive. I risultati sono ragguardevoli, grazie anche a un grande impegno e a un’altrettanta decisiva passione per l’olivicoltura. Contro ogni pregiudizio, va ricordato che la qualità non è determinata esclusivamente dall’area di provenienza, ma anche dalla maestria degli olivicoltori. Naturalmente vi sono zone più vocate di altre, ai vertici qualitativi italiani si trova la Toscana regno indiscusso dell’olio extravergine di oliva. Il Sud invece è sicuramente un’area ideale, dal momento che vi si concentra la maggior produzione olearia italiana.
Anche l’olio ha un’identità
Per lungo tempo l’olio ricavato dalle olive è stato considerato semplicemente l’olio, e basta. Senza specificare, senza mai fare chiarezza. Invece anche l’olio ha una sua identità, un suo volto, un suo specifico carattere, una personalità che varia di volta in volta, di olio in olio. Intanto rispetto agli altri oli vegetali, l’ olio extravergine di oliva è l’unico a essere ottenuto per semplice spremitura del frutto. Non è un olio da seme e la differenza si nota sia nella sua specifica composizione analitica, sia all’assaggio. Non solo; a livello nutrizionale è da considerare un alimento naturale per eccellenza, di altissima qualità intrinseca: impareggiabile, proprio perché direttamente commestibile come tale, senza che vi sia alcuna necessità di specifici interventi correttivi, tramite una rettificazione sulla natura del prodotto, come invece avviene con gli oli di semi. L’ olio extra vergine di oliva prende quindi corpo all’interno del frutto e nella prima fase della maturazione già si presenta sotto forma di minuscole gocce che, con il passare del tempo, diventano sempre più grandi.
La natura dell’olio
Il contenuto in olio varia solitamente in funzione della varietà degli olivi coltivati e delle tecniche agronomiche adottate, oltre che in base agli andamenti stagionali e al periodo di raccolta dei frutti. Nella composizione dell’olio, invece, si evidenziano in particolare due gruppi di composti, la parte lipidica, per ovvie ragioni la più consistente, e quella non lipidica. La prima (la componente grassa) detta con linguaggio tecnico saponificabile, è presente in una misura oscillante tra il 98 e il 99% del totale ed è costituita, come tutti i grassi, da trigliceridi. Tra questi, a costituire l’anima e l’identità degli oli di oliva, vi è in particolare una significativa prevalenza di acidi grassi monoinsaturi (tra cui, soprattutto, l’acido oleico), oltre a una discreta percentuale di acidi grassi saturi (tra cui gli acidi palmitico e stearico) e un’altrettanta minima, ma essenziale, presenza di acidi grassi polinsaturi (tra cui l’acido linoleico e il linolenico). La seconda non lipidica (la componente non grassa), invece, comunemente detta insaponifìcabile, comprende una quota tra I’ I e il 2% del totale ed è costituita da circa 220 prodotti secondari del metabolismo della pianta e dei frutti. Si tratta, per l’esattezza, dei cosiddetti componenti minori, un insieme di idrocarburi, di alcoli, di vitamine liposolubili, di steroli, di cere, di pigmenti, di aldeidi, di fenoli e di molti altri composti ancora, tutti significativi e fondamentali per la qualità e bontà degli oli, nonostante siano quantitativamente modesti.
Come si presenta l’olio extravergine di oliva
Alla temperatura di 5°C, l’olio di oliva è un grasso liquido con un peso di 916 grammi per litro. In questa sostanza grassa, che apparentemente non si discosta di molto da altri grassi vegetali, in realtà vi è una composizione acidica straordinaria e ineguagliabile. Tanto per farsi un’idea, ci limiteremo solo a far notare che si tratta di un grasso molto simile per composizione al latte materno. Non è un’affermazione di poco conto. Considerando questo aspetto, è evidente, e quanto mai scontato, che un olio extravergine di oliva di alta qualità, faccia come sempre la differenza: più è ricco in sostanze pregiate, meglio è per la nostra salute.
L’importanza del terroir
L’alto profilo di un olio dipende in buona parte dalla fisiologia della pianta che ha prodotto le olive, quindi dalla natura del suolo e da altri fattori connessi al territorio e alle tecniche di coltivazione di volta in volta adottate. Si tratta di particolari da non sottovalutare, per nessuna ragione, dal momento che la presenza di una varietà di olive piuttosto che di altre, oltre a una serie di svariati fattori, può in definitiva influire piuttosto sensibilmente sulla qualità dell’olio. Ecco il motivo per cui alcuni oli extravergini di oliva, particolarmente pregiati per il profilo organolettico che esprimono, oltre che per la composizione complessiva con cui si presentano a un’accurata analisi di laboratorio, non possono in nessun modo essere equiparati a oli prodotti senza particolari cure e attenzioni. Anche il territorio premia, ammesso che si lavori molto bene e si osservino i dovuti accorgimenti.
La qualità consiste principalmente nella valorizzazione delle peculiarità
Partendo dall’oliva, soprattutto se la materia prima è buona di per sé, non si possono ottenere oli di scarso pregio. La qualità media è garantita, resta un punto di arrivo per tutti. C’è invece un altro passaggio ulteriore da compiere: la qualità eccelsa, riconducibile a una determinata area di provenienza. Anche per questo sono state istituite le denominazioni di origine. Nell’ambito delle regioni italiane, per esempio, vi sono zone altamente e intrinsecamente vocate a un’olivicoltura di qualità, diverse perciò da molti altri areali, meno significativi e di scarsa importanza. Ciò che tuttavia avvantaggia e contraddistingue il nostro Paese è il suo estendersi su una superficie alquanto vasta, comprendente una molteplicità di microclimi e un ampio patrimonio varietale. Da ciascun olio, dunque, possiamo trarre una buona qualità di base, a patto di osservare tutte le tecniche di corretta conduzione di un oliveto e tutti gli accorgimenti da seguire in frantoio e nei successivi passaggi del prodotto in bottiglia. Puntare a una qualità eccellen te, che sia il frutto di una qualità in sieme chimico-fisica, nutrizionale e sensoriale, è oggi un obiettivo anco ra più importante da ·perseguire. Più l’olio è buono, più fa bene. In terre altamente vocate queste eccellenze sono sicuramente raggiungibili.
Olio extravergine di oliva e salute
L’ olio extravergine di oliva non è solo un prodotto salutare, è anche buono, gustoso, profumato, piacevole a/l’assaggio, grazie alla ricchezza delle note aromatiche che lo contraddistinguono. È salutare, abbiamo detto, in quanto è un puro succo di oliva. Fa bene alla salute perché ricco di sostanze pregiate e nobili e anche in virtù della semplicità del processo di estrazione. L’olio si ricava con estrema delicatezza, senza che vengano alterate le componenti originarie del frutto. Ed è proprio la sua genuinità, la purezza che lo contraddistingue, a renderlo un prodotto ampiamente utilizzato non solo come alimento, ma anche in molti preparati farmaceutici e in cosmesi. Con l’olio extra vergine di oliva si può inoltre essere anche più belli. Già gli antichi conoscevano bene queste proprietà, come d’altro parte testimoniano gli accurati ricettari di miscele a base di olio per la pelle, i capelli e non solo. Pratiche del passato che non sono scomparse. Diverse pubblicazioni prevedono la presenza dell’olio nella composizione di maschere per il viso, impacchi, lozioni e creme dedicate a chi vuole mantenersi in piena forma. Riguardo al suo impiego in cucina? Si potrebbe scrivere un intero volume. Tanto è stato detto e scritto circa un suo corretto impiego. Permangono tuttavia alcuni luoghi comuni da sfatare: per esempio quello che sconsiglia l’extra vergine, o anche semplicemente l’olio d’oliva, nelle pratiche di frittura. Niente di più falso: friggere in olio d’oliva fa bene e il cibo ne guadagna in gusto e fragranza. È sufficiente seguire alcune regole di base, che non abbiamo certo dimenticato di riportare.
Buono e salutare: Olio extravergine di oliva
La scelta di oli ottenuti dalla sola molitura e spremitura delle olive, con procedimenti dunque esclusivamente meccanici e fisici, è ottima per la salute del nostro organismo. Gli extravergini si distinguono dai generici oli di semi, ricavati invece con processi di rettificazione molto laboriosi e complessi, per l’alto valore nutrizionale, ma anche per la ricchezza di profumi e la vasta gamma di sapori. La semplicità dell’estrazione è la chiave del loro successo. Un aspetto che non si può certo trascurare, visto che le componenti originarie del frutto non subiscono alcuna alterazione e restano totalmente integre. E genuinità e purezza sono salvaguardate. Si tratta, infatti, di un prodotto naturale e che può essere utilizzato non solo come alimento, ma perfino in cosmesi. Applicato in purezza, fa sicuramente molto bene alla pelle: ha funzione emolliente e soprattutto la nutre. Inoltre viene impiegato in molti preparati farmaceutici.
In cucina e a tavola: il luogo di esercizio ideale
Non è solo da utilizzare a crudo, l’ olio extra vergine di oliva si presta con grande efficacia anche alle cotture. È anzi il grasso alimentare più stabile e resistente alle alte temperature, di conseguenza è veramente provvidenziale e insostituibile in frittura. Può inoltre essere utilizzato come liquido di copertura a protezione dell’alimento dall’aria, nel caso dei sottoli. Oppure, qualora servisse in altre formulazioni, può svolgere egregiamente funzioni di plastificante e di attenuatore del gusto salato, quando per esempio viene impiegato a copertura di pesci, pezzi di carne salamoiati e ortaggi. E non finisce qui: l’olio è ottimo pure nella preparazione di salse, nelle operazioni di rosolatura, in quanto crea le migliori condizioni per ottenere un’eccellente elaborazione dei cibi. Quanto al miglior impiego a crudo, si sa, di fronte a una molteplicità di connotazioni sensoriali, ciascun olio ha un suo personale approccio; per questo nel capitolo “Viaggio nell’immenso oliveto Italia” abbiamo voluto affiancare al profilo sensoriale di ciascun olio il corrispondente abbinamento ideale con alcune pietanze, fornendo così una sorta di “mappa” delle molte possibili applicazioni degli oli di oliva.
Buono e salutare, uno slogan che non si smentisce mai
Il rapporto tra olio di oliva e salute è stato un aspetto per lungo tempo trascurato, nonostante resti un binomio da cui non si può certo prescindere. Negli ultimi anni sono state molte le acquisizioni in campo scientifico sulla salubrità degli oli che si ricavano dalle olive, ma si è compreso a fatica che il punto di forza di questi oli consista proprio nelle specifiche proprietà compositive che li contraddistinguono da sempre. In soccorso a tale tesi, si è costituito nel 1998 un sodalizio che raccoglie esperti e luminari del settore di ogni parte del mondo, uniti nel nome dell’olio di oliva. Si tratta del Sioos, la Società internazionale dell’olio di olivo e salute, fondata ad Ancona, con sede presso la Facoltà di Agraria della locale università. Il professor Natale Frega, che ne è presidente, non nasconde come purtroppo in Italia non sia stata subito compresa l’importanza di studiare, e dunque promuovere, l’ olio extravergine di oliva in relazione alla sua valenza salutistica.
La bontà degli oli all’assaggio
Quando nel 1983 si costituì la prima associazione di degustatori professionisti di olio di oliva, in molti espressero perplessità. “Come è possibile?” dissero “L’olio, un grasso, che si degusta come il vino?”. Già, quell’associazione che tuttora organizza corsi di assaggio e una serie di molte altre iniziative di formazione è l’Onaoo, l’Organizzazione nozionale assaggiatori olio di olivo, una realtà che ha saputo precorrere i tempi. Da allora sono passati più di vent’anni e molte sono oggi le associazioni di degustatori professionali in Italia e nel mondo. L’idea è stata straordinaria, perché quando nel 1987 il Coi, il Consiglio oleicolo internazionale, la massima autorità in materia di olio di oliva, decise di procedere alla stesura di un metodo di assaggio comune e obiettivo, già si era diffuso un approccio culturale nuovo: l’olio può essere valutato perfino nella sua qualità organolettica. Grazie al documento elaborato in seguito dal Coi, è oggi possibile fissare i criteri per una corretta valutazione sensoriale degli oli di oliva. Questo documento è stato ripreso nel 1991 dal legislatore europeo, che ha appunto emanato un apposito regolamento, il 2568/1991, in cui si introduce ufficialmente il metodo del Panel test per l’accertamento qualitativo degli extra vergini. Un’autentica rivoluzione, dal momento che è la prima volta nella storia che ciò si è verificato attraverso un’apposita legge.
La valutazione organolettica
Con un apposito regolamento comunitario, dunque, si è avvertita la necessità di ricorrere a una valutazione organolettica degli oli quale parametro chiave per considerare il fattore qualità. A completamento delle analisi chimiche, pertanto, è stato pensato anche il ricorso a un esame organolettico scientifico e professionale, per poter meglio definire la complessità degli aromi e dei sapori, oltre che per individuare tutti quegli elementi che consentano in qualche modo di cogliere la tipicità di un dato prodotto. Esiste addirittura un bicchiere ufficiale per un assaggio “scientifico”. È a forma di tulipano, ma senza gambo; con la base larga e l’imboccatura stretta, in modo da favorire la concentrazione e l’identificazione degli aromi. La temperatura dell’olio nei bicchieri al momento dell’assaggio è molto importante: deve attestarsi intorno ai 28° C e non essere inferiore, perché altrimenti non si favorirebbe la corretta percezione dei composti aromatici volatili, ma neppure superiore, perché una più alta temperatura potrebbe far scaturire la formazione di sostanze sgradevoli, tipiche degli oli riscaldati. La sala in cui si effettueranno gli assaggi, posta in un ambiente in cui la temperatura può essere mantenuta intorno ai 20-22°C, dovrà risultare distensiva, con un’illuminazione uniforme e regolabile. Sarà attrezzata di cabine tutte uguali e separate l’una dall’altra da apposite lastre, dovrà essere isolata da qualsiasi fonte di rumore e protetta anche da odori estranei.
Un vocabolario per identificare gli oli
Non riportiamo qui il complesso vocabolario dell’assaggio, con i descrittori utilizzati in ogni parte del mondo per definire le percezioni che si avvertono all’olfatto, al gusto e al retro-olfatto. Queste sono rintracciabili facilmente, sia consultando i regolamenti comunitari su Internet, sia attraverso pubblicazioni specifiche che si possono per esempio richiedere alla stessa Onaoo, che ha predisposto all’occorrenza pubblicazioni sull’argomento. Qui riportiamo in estrema sintesi le sensazioni principali. Sono per esempio considerati “difetti”, quindi sensazioni sgradevoli, le note di: 1) avvinato, grossolano, muffa, riscaldo, saponoso, secco, terra, vecchio, verme: sensazioni dovute a errori commessi durante le operazioni colturali, soprattutto per quanto concerne le modalità di raccolta, trasporto e conservazione delle olive; 2) acqua di vegetazione, cotto, fiscolo, grasso di macchina, metallico, sansa, sparto: sensazioni sgradevoli determinate da un cattivo impiego della tecnologia di estrazione in frantoio; 3) cetriolo, morchia, rancido: sensazioni causate da una cattiva conservazione degli oli. Sono considerati “pregi”, quindi sensazioni gradevoli, le note fruttate, che possono essere tenui, di media intensità o marcatamente intense, per esempio: 1) la sensazione di freschezza: caratteristica dell’olio appena estratto, che può rimanere tale anche per lungo tempo dopo la molitura, quando vi siano oli ricchi di componenti aromatici e, pertanto, con una buona carica di sostanze pregiate; 2) l’amaro, quando non è però eccessivamente sbilanciato, tale da risultare eccessivo e disarmonico; 3) il flavor dell’erba con i suoi profumi e sapori caratteristici; 4) le note di mandorla, dolce o amara; 5) il piccante, ma nel giusto equilibrio; 6) molte altre sensazioni aromatiche, che possono rimandare anche ai più insoliti accostamenti: il carciofo, il cardo, il pomodoro, la camomilla, l’erba, l’eucalipto, i fiori, le foglie di fico, le foglie di olivo, la frutta esotica, i frutti rossi, la mela, il noce, il pepe verde, il peperone, la pera, il pinolo, la vaniglia.
Un metodo di assaggio denominato Panel test
L’analisi sensoriale dell’olio ha un ruolo chiave nella determinazione della qualità di un olio extra vergine di oliva. In tante occasioni si è parlato anche dell’introduzione di un “naso elettronico” per misurare analiticamente la qualità, ma la capacità degli uomini di percepire attraverso gli organi dei sensi rimane per ora insostituibile. Si tratta del metodo di assaggio del Panel test introdotto ufficialmente dal Coi, il Consiglio oleico internazionale, che comprende l’insieme degli assaggiatori riuniti per eseguire, in condizioni controllate, l’analisi sensoriale di un determinato prodotto. Non è un metodo certo in assoluto e di valore scientifico, ma il responso degli assaggi resta un giudizio pienamente attendibile e lo si può comunque definire oggettivo, in quanto si tende in ogni caso a ridurre al minimo la possibilità di incorrere in errore. Il sistema del Panel test è oggi più sicuro rispetto al passato, si offrono maggiori garanzie, riducendo al minimo i fattori umani legati alle preferenze, alle abitudini o ad altri condizionamenti.
Una prova di assaggio amatoriale
Non è comunque necessario essere degli esperti di olio per cimentarsi in una degustazione senza pretese, a livello amatoriale, appunto. Ci sono comunque alcune norme generali cui attenersi. La preparazione all’assaggio: 1) Non fumare da almeno mezzora prima di iniziare l’assaggio; 2) Non utilizzare profumi e saponi, o altri prodotti cosmetici, che possano disturbare con il loro odore persistente la prova d’assaggio; 3) Non mangiare alcun cibo da almeno un’ora prima delle operazioni d’assaggio; 4) Non procedere con le prove d’assaggio quando le condizioni psicologiche e fisiologiche non lo consentano. Le fasi dell’assaggio: 1) Si versa un cucchiaio d’olio nell’apposito bicchiere che deve essere stabile alla base e avere un restringimento della bocca in modo da favorire la concentrazione degli odori e agevolarne di conseguenza l’identificazione degli aromi. 2) Si scalda con le mani il bicchiere per consentire la percezione delle note olfattive. Si annusa l’olio con inspirazioni lente ma intense. Si procede con l’assunzione di un sorso d’olio e lo si ripartisce lungo la cavità orale, partendo dalla parte anteriore della lingua fino a giungere ai lati e a tutta la parte posteriore, spingendo verso i cosiddetti “pilastri del palato” e in prossimità della gola. Si concentra l’attenzione sulle note di amaro e piccante: il primo si avverte sul fondo della lingua; il secondo soprattutto in gola e sulle gengive. Si notano quindi le sensazioni tattili, la fluidità e viscosità; e le sensazioni chinestetiche, ovvero il bruciore e l’astringenza. Si procede infine con aspirazioni corte e successive, insufflando aria all’interno della bocca, così da percepire meglio le sensazioni retro-olfattive. Terminato l’assaggio si espelle l’olio, per non disturbare la corretta percezione di un altro campione da degustare. 3) Tra un campione e l’altro è bene che passi almeno un quarto d’ora e che si mastichi un pezzo di mela per pulire il palato. Il momento dell’assaggio richiede molta attenzione, la quantità di olio da versare è minima.
Guida all’acquisto di olio extra vergine di oliva
Acquistare una bottiglia d’olio non è così semplice, complice il gran numero di referenze sul mercato e i prezzi di vendita altamente differenziati. Qual è dunque l’approccio giusto di scelta? Il primo consiglio, è quello di non farsi sedurre dal prezzo, se è troppo basso sicuramente è un’olio di bassa qualità. Il secondo consiglio, è scegliere sempre un olio d’eccellenza di cui poche etichette possono fregiarsi. Il terzo consiglio, per i più esperti, è quello di visionare le schede di analisi chimica e analisi sensoriale, che in pochi produttori rilasciano. Oggi giorno le migliori aziende si avvalgono di un esperto come l’agronomo, questa figura è imprescindibile e risulta essere un importante valore aggiunto per il raggiungimento di elevati standard qualitativi. Infine il consumatore deve assecondare il proprio gusto, ma soprattutto deve imparare a scegliere anche in funzione dell’utilizzo che ne dovrà fare. Per la cottura vanno benissimo oli di media qualità, che peraltro reggono bene alle alte temperature, mentre se vengono impiegati a crudo è meglio spendere qualcosa in più: la qualità incide sull’esito finale della pietanza, e offre in cambio notevoli benefici che ben ripagano i più alti costi. Costi che, a ben guardare, sono solo apparentemente più elevati, perché quando si utilizza un ottimo olio extra vergine, il consumo è decisamente più contenuto per via dell’alto potere condente che quest’olio possiede. Una lettura attenta dell’etichetta può inoltre aiutare in una scelta il più possibile consapevole e soddisfacente, valutando con attenzione l’area geografica di produzione.